Il tema proposto dal bando richiede la realizzazione di una struttura ospitante un centro di benessere. L’intervento sarà di completamento di una struttura già esistente, vale a dire un complesso di attrezzature sportive nel Marco Polo Sporting Center in via Luigino da Nedai a Vittorio Veneto (TV), comprendenti campi di calcio, campo di pratica golf, percorso di pitch&putt, nonché un hotel di prossima realizzazione a completamento della parte ricettiva. Il bando ha come oggetto un resort per svago, divertimento, turismo e sport.
L’area di intervento ha una superficie pari a mq7000. La sua forma è quadrangolare e ha come limiti una pensilina del campo da golf sul lato nord, alcuni campi di calcetto su quello sud, una recinzione sull’ovest e lo spogliatoio del campo da calcio sull’est. Le funzioni minime richieste, allo scopo di completare la struttura sportiva esistente, sono:
piscina coperta e/o scoperta;
sale accessorie;
Centro fitness;
Centro beauty farm e wellness;
sale multifunzione;
palestra di roccia;
campi da calcetto;
garage per attrezzature;
servizi vari.
Punti fondanti del tema sono l’inserimento nel contesto ambientale, l’utilizzo responsabile delle risorse energetiche e il limite di 1100mc di volume massimo emergente dal terreno, metri cubi misurati come volume complessivo emergente dalla quota attuale.
GENESI e SINTESI DEL PROGETTO
La nostra proposta progettuale si fonda essenzialmente sulla necessità di assumere come punti forti e valore aggiunto i limiti posti dal tema stesso del bando, vale a dire quello di un intervento compatibile con il contesto, quello di un volume emergente che non superi i 1100mc e conseguentemente quello di pensare ad un’architettura quasi completamente ipogea.
L’idea è quella di un edificio, o meglio di un insieme di spazi, intimi e “pubblici”, concatenati e correlati fra loro in un unicum funzionale, strutturale e spaziale, ipogeo nella sua interezza, sviluppato su due livelli, dove il rapporto di necessità fra le parti è dato dagli spazi deputati alla distribuzione verticale. Tali spazi sono delle zone fulcro intorno alle quali si organizzano tutte le funzioni del Centro, e costituiscono le parti più rappresentative e “pubbliche” del progetto: spazi di rappresentanza, hall di ingresso, giardini, corti aperte, luoghi deputati al passaggio, alla sosta e alle relazioni sociali all’interno della struttura, secondo un voluto riferimento all’esempio delle terme degli antichi romani, dove coesistevano dibattito politico, esercizio fisico e vita sociale all’interno di uno spazio pubblico ricco e complesso. Essi sono, dal punto di vista architettonico, spaziale e figurativo, delle colonne di luce che, catturando la luce dall’esterno, attraversano verticalmente gli spazi ipogei, illuminandoli naturalmente e creando, proprio per mezzo della luce, rapporti di necessità e molteplici relazioni fra le parti, altrimenti mute nel buio di uno spazio completamente interrato. Si tratta di elementi emergenti fuori terra, quasi dei fari che, anche di sera, segnano la presenza del Centro nel paesaggio circostante, ricordando, nella forma variegata e prismatica, l’irregolarità dei monti sullo sfondo; i materiali per essi utilizzati sono il vetro per le parti portate e l’acciaio per quelle portanti. Questi volumi vetrati si stagliano al di sopra della quota di calpestio +0.00mt, dove i solai di copertura sono pensati come tetti-giardino, accoglienti spazi ricreativi e per lo svago all’aperto, i quali culminano nella presenza dell’unico volume costruito fuori terra, vale a dire quello che accoglie gli spazi e i servizi della piscina coperta/scoperta.
Un accenno particolare merita la piscina coperta alla quota ipogea –9.00mt, dove la matericità dei materiali utilizzati, il Rosso di Verona per il rivestimento delle pareti perimetrali (rivestimento che allude all’idea dello scavo del banco roccioso alle quote ipogee), il calcestruzzo armato, lasciato ruvido, dei setti murari portanti, e il legno delle pavimentazioni, è esaltata da un fascio di luce che piove dall’alto portato da un volume prismatico vetrato, secondo un gioco di relazioni e rimandi fra esterno e interno, dentro e fuori, sopra e sotto, terra e cielo. Ad esaltare questo concetto concorrono due grandi solai che affacciano a sbalzo , dalla quota –4.50mt, nel vuoto dello spazio a doppia altezza della piscina, arricchendo così quel gioco di complesse relazioni visive fra i vari spazi, così caratteristiche degli spazi termali dell’Antica Roma. Al di sopra dello spazio della piscina, alla quota +0.00mt si sviluppano tre campi da calcetto, ruotati rispetto all’asse longitudinale dell’impianto planimetrico generale, secondo angoli decrescenti, e disposti su piani inclinati e digradanti verso i campi di calcio già esistenti, creando così un sistema “naturale” di spalti. A tal proposito preme sottolineare che la nostra idea di “naturale” non porta ad una architettura necessariamente basata sul concetto di mimesi, bensì sulla necessità di leggere, interpretare ed esaltare i segni del luogo, il cosiddetto contesto, in un rapporto di reciproci rimandi da e per il paesaggio circostante. Così i piani inclinati che chiudono e delimitano il margine orientale dei nuovi campi da calcetto, offrendosi come spalti sul margine occidentale dei campi di calcio esistenti, non hanno alcunché di naturale se non in una logica di allusione al naturale, che estende di fatto il concetto di naturale a quello di naturalezza e fa apparire come naturale ciò che invece è mero artificio. Il risultato finale è, secondo il nostro intento, un intervento che non copia il contesto ma lo interpreta e vi si integra.
Strutturalmente l’edificio è caratterizzato da un sistema di doppie pareti e pilastri portanti a sezione circolare, e solai portati in calcestruzzo armato. I solai sono volta per volta tagliati dai volumi luminosi vetrati e presentano, in alcuni punti, sezioni a sbalzo, secondo uno schema planimetrico di vuoti apparentemente galleggianti in modo casuale nel pieno del costruito, ma in realtà rispondenti ad una rigorosa logica strutturale che tiene insieme parti portate e parti portanti. Il risultato finale è un impianto rigoroso nella logica strutturale e tuttavia libero e flessibile in quella spaziale. La scelta dei materiali per la caratterizzazione degli spazi interni segue la medesima logica di rigore: le parti strutturali portate e portanti, sono lasciate a vista, fatta eccezione per le pareti perimetrali, rivestite con lastre di Rosso di Verona, mentre per quelle non strutturali si è pensato a materiali, quando possibile, naturali e caldi, come il legno. La progettazione ha tenuto conto, secondo quanto esplicitamente richiesto dal bando, di sistemi e tecnologie bio-compatibili e a basso impatto ambientale, volte a garantire la sostenibilità dell’opera e il risparmio energetico.
L’intera struttura ipogea funge da accumulatore termico, grazie agli elevati spessori degli elementi strutturali dotati di un’intercapedine che riesce ad accumulare calore all’interno dell’edificio quando la temperatura esterna diminuisce, garantendo una riduzione dell’escursione termica stagionale.
Opportuni condotti ricavati nei solai superiori e nelle murature perimetrali possono assicurare la circolazione di aria calda all’interno degli ambienti ipogei.
Gli elementi vetrati fuori terra e la grande vasca d’acqua sono ulteriori elementi di captazione della radiazione solare, secondo la logica dei sistemi solari passivi.
I grandi elementi vetrati, preposti al riscaldamento e all’illuminazione naturale di tutti gli ambienti, possono anche funzionare come camini solari, permettendo la fuoriuscita del calore eccessivo eventualmente accumulatosi durante i mesi caldi, e dunque un adeguato grado di ventilazione naturale, mentre la grande massa d’acqua esposta a ovest funziona come massa d’accumulo.
La copertura voltata degli unici ambienti fuori terra, quelli relativi alla piscina coperta/scoperta, è dotata di sistemi fotovoltaici, una soluzione tecnologica integrata a garantire l’autosufficienza della struttura dal punto di vista energetico, a completamento dei sistemi passivi illustrati.
Saranno previsti sistemi per il recupero e il riutilizzo dell’acqua piovana che può essere vantaggiosamente impiegata per l’irrigazione dei giardini e per i servizi che non richiedono acqua potabile. Il sistema è costituito da serbatoi da interrare in materiale plastico e con capacità variabile a seconda degli usi previsti, dotati di pozzetti di ispezione e di prese d’acqua con galleggiante per prelevare l’acqua in superficie.
Grazie al recupero dell’acqua piovana si può risparmiare fino al 50% del consumo di acqua potabile.